è divertente e orrifico allo stesso tempo questo mondo ipercolorato, iperbolico, iperespressivo, iperrapresentativo.
il kitsch ha bisogno di "dire" a tutti i costi superando il senso stesso delle cose, delle persone, delle situazioni, consegnandole a un altro senso, quello del luogo comune, e sottraendole all'autenticità.
una poltrona è più di una poltrona, un'opera d'arte è più di un'immagine simbolica, un vestito è oltre ed è troppo è di più, un oggetto è ancora più su, è un oggetto a tutti i costi che deve dire tutto a tutti i costi. uno stato maniacale costante, un eccesso di materia di sostanza che livella tutto alla dimensione del cattivo gusto, o dell'assenza di gusto.
una poltrona è più di una poltrona, un'opera d'arte è più di un'immagine simbolica, un vestito è oltre ed è troppo è di più, un oggetto è ancora più su, è un oggetto a tutti i costi che deve dire tutto a tutti i costi. uno stato maniacale costante, un eccesso di materia di sostanza che livella tutto alla dimensione del cattivo gusto, o dell'assenza di gusto.
alla mostra ci si aggira tra oggetti di arredamento, soprammobili, immagini sante santissime, dipinti, statuine ascensionali, santuari horror rock, mussolini che emerge da un piatto di pasta e e topo gigio gambizzato da una trappola per topi. e qualche Dalì che gioca volutamente con l'eccesso e altri artisti come Baj con Madame Garonne. sono quindi presenti opere di artisti che volutamente giocano con l'immaginario kitsch, e oggetti che kitsch lo sono diventati e appartengono alla nostra quotidianità.
la parte interessantissima è quella al termine dell'esposizione in cui vengono raccolte le riflessioni in materia di Gillo Dorfles, critico d'arte e professore universitario di estetica, autore nel 1968 di “Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto”, una serie di approfondimenti teorici che hanno aiutato a descrivere il concetto di kitsch in tutte le sue articolazioni. la riflessione sul kitsch è una riflessione sul nostro tempo, o sul tempo di sempre, sull'espropriazione dell'autenticità a favore dell'omologazione, del superfluo, della ripetizione, della corruzione estetica.
Afferma Gillo Dorfles: “Come sempre, sono l’intenzione e la consapevolezza, sia rispetto all’utilizzo delle tecniche sia nei riguardi dei contenuti, che trasformano un oggetto, una forma, ma anche un comportamento, in un’opera, in un linguaggio che sentiamo veri e autentici. Se non esiste la dimensione culturale, ogni forma d’arte è destinata a cadere nella trappola di un kitsch più o meno consapevole. La vera arte non è mai “maliziosa”; il kitsch lo è, e questa è la sua essenza. È necessario conoscerlo, anche frequentarlo e, perché no, qualche volta utilizzarlo, senza farsi mai prendere la mano. Perché il cattivo gusto è sempre in agguato”
alcuni capolavori della storia dell’arte come il Mosé di Michelangelo, la Gioconda di Leonardo sono “divenuti emblemi kitsch perché ormai riprodotti trivialmente e conosciuti, non per i loro autentici valori ma per il surrogato sentimentale o tecnico dei loro valori”.
“L’industrializzazione culturale", afferma Dorfles, "estesa al mondo delle immagini artistiche ha condotto con sé un’esasperazione delle tradizionali distinzioni tra i diversi strati socio-culturali. La cultura di massa è venuta ad acquistare dei caratteri assai diversi (almeno apparentemente) dalla cultura d’élite, e ha reso assai più ubiquitario e trionfante il kitsch dell’arte stessa.”
assistiamo a questa imprevedibile oscillazione del gusto, al passaggio veloce tra alto e basso, tra destra e sinistra, come se tutto fosse possibile. il kitsch è pervasivo, sempre in agguato e malizioso, mentre, dice Dorfles, la vera arte non lo è.
quell'arte che prova a "dire" affidandosi a rappresentazioni simboliche del senso del mondo, nella ricerca del bello e dell'autentico, consapevolmente.
"perchè sono queste qualità, l'intenzione e la consapevolezza, sia rispetto all'utilizzo delle tecniche sia nei riguardi dei contenuti, che trasformano un oggetto, una forma o un comportamento in un'opera. in un linguaggio autentico".
Ho visto opere di Baj presentate alla mostra "Addio anni 70. Non hanno stravolto il mio senso di arte, epperò manco ho fatto pollice verso. Forse proprio a premio della fatica per trovare, come dice Dorfles, quella malizia che rende un opera Kitsch.
RispondiEliminaScusa Rossa ma sospetto sempre dei critici, sarà perchè vedono meglio di me, e questo mi fa incavolare...
by-by!