bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 31 ottobre 2008

Appello al mio commensale

senti un po', compagno di pranzo, mi rammenti il libro che mi hai consigliato?
non lo ricordo.
e mi dai qualche dritta su qualche gran bel pezzo di musica da ascoltare -ma non Bruce...- come sai fare tu? quando il tuo ultimo consiglio?
lo ricordo. non da molto. tu ci sei.

mercoledì 29 ottobre 2008

girone dantesco e paradiso dei sensi



scherzosamente nota come la "città delle tre T", ossia turòon, Turàs, tetàs, Cremona.
non ci siamo fatti mancare niente. nell'ultima accezione per una dote naturale che necessariamente mi accompagna, indipendentemente dalla citta' in cui mi trovo. ma non ci siamo fatti mancare niente. appunto.
citta' d'arte, musica e forti sapori.
ora anche di indelebili ricordi.
soli. intanto soli. e non e' poco.
attratti dalla bellezza pulita delle forme.
calamitati dal profumo e dall'eleganza delle pasticcerie.
abbiamo svaligiato un negozio Sperlari di antica bellezza -torrone e mostarde- e la pasticceria Lanfranchi che esponeva "ferri vecchi" di cioccolato e "ossetti" di pasta frolla dal burro-che-cola.
siamo gia' nel girone dantesco dei golosi. guadagnato a pieno titolo.
sfido chiunque a resistere.
il problema e' che abbiamo ceduto mezz'ora dopo l'arrivo. eddai...



voi non potete capire...

o forse adesso si.


stregati dai violini, Stradivari e Guarneri del Gesu', di raffinatissima fattura, fabbricati in questo luogo raro e talvolta ascoltati di frodo, per caso, per strada, passeggiando, nel silenzio di una via incastonata nell'architettura della citta'.
deliziati da aperitivi all'aperto al sole caldo -lafinedelmondo?- di fine ottobre con la gente elegante di provincia che ci circonda.
cullati dal silenzio delle strade in un sonno meritato, decisamente meritato.
ma.
il vero ma sta nella cena.




in un luogo di sensuali delizie. 3 ore a tavola, ottimo vino, non so quante portate tra quelle ordinate e quelle offerte. eleganza del ristoro di altissima qualita'.
una serata in paradiso prima che il mondo si fermi del tutto.
cosa ho fatto per meritarmi questo burroso kg aggiuntivo di fine week-end?
e' qui, nell'attesa che amplifica il piacere, che ho letto Prevert. innamorato.

FIESTA

E i bicchieri erano vuoti
e la bottiglia in pezzi
E il letto spalancato
e la porta sprangata
E tutte le stelle di vetro
della bellezza e della gioia
risplendevano nella polvere
della camera spazzata male
Ed io ubriaco morto
ero un fuoco di gioia
e tu ubriaca viva
nuda nelle mie braccia.


ALICANTE

Un'arancia sulla tavola
il tuo vestito sul tappeto
E nel mio letto tu
Dolce presente dei presente
Freschezza della notte
Calore della mia vita.


LA BELLA STAGIONE

A digiuno sperduta assiderata
Tutta sola senza un soldo
Ferma in piedi una ragazza
Età sedici anni
In Place de la Concorde
Il quindici agosto a mezzogiorno.


per te. buon compleanno.

mercoledì 22 ottobre 2008

via

non bisogna dimenticare le cose importanti.
ce ne sono poche.
bisogna lasciare andare ciò che ci fa solo male e smettere, smettere, per sempre, di trattenere tutto presso di sè.
con la paura di perdere, di perdersi, di essere dimenticati.
ci sono cuori che comunque dimenticano. come neve al sole.
incomprensibilmente?
il cuore batte ma pochi lo sentono. e nemmeno il proprio.
dopo l'autunno viene l'inverno.
io ci entro, altri non ne usciranno mai.

buon compleanno.

domenica 5 ottobre 2008

sabato 4 ottobre



sabato.
ottobre.
sole. no, direi luce.
sono sull'autostrada milano-laghi.
vado a Bollate, al cimitero.
vado a parlare con la terra smossa, cerco forse trovo più ascolto di quanto ne ottenga da chi ci cammina sopra.
vado a sistemare la mia anima al suo posto. deviata dalla burocrazia della morte che mi costringe a cancellare senza saper ricordare. dimentico tutto ma non che è passato quasi un anno.
la terra è smossa e piante parassite vengono da sotto, le strappo con la mano appesantita rallentata dai pensieri, mi fanno impressione, veramente, mi sento parassitata, vengono dalle radici, dalle mie radici che si perdono nella terra sotto di me, che non ritrovo più dentro di me.
arrivo alla curva del cavalcavia e vengo inondata da una luce assurda, travolgente, accecante. si vedono le montagne, la luce è tersa, senza veli, senza menzogna dritta sulla retina, come solo ottobre sa regalare.
mal di testa. un po' di nausea. troppo per me e la mia penombra.
di ritorno a casa, apro il portone, sul pianerottolo di casa mia decine di foglie secche e gialle, sul pavimento, mi attendono spinte da fuori, trovano la strada verso casa. dentro.
vado in cortile, di nuovo quella luce, forte penetrante, mi fa chiudere gli occhi, a mia difesa. tasto il mio bucato, di due ore fa, è già asciutto. c'è il sole, è caldo, ma soprattutto c'è vento, ed è teso e freddo. asciutto.
ottobre.
è autunno.
autunno.
è quasi passato un anno.



TORNA L'AUTUNNO
di PABLO NERUDA
(Cile, Parral 12/07/1904-Santiago 23 /09/1973)

Un giorno vestito a lutto cade dalle campane,
come un trepido tessuto vagamente di vedova,
è un colore, un sonno
di ciliege affondate nella terra,
è uno strascico di fumo che giunge senza tregua
a mutare il colore dell'acqua e dei baci.

Non so se mi capite: quando dall'alto
si avvicina la notte, quando il solitario poeta
ode alla finestra correre il corsiero dell'autunno
e le foglie della paura calpestata crepitano nelle sue arterie,
c'è qualcosa nel cielo, grosso come una lingua
di bue, qualcosa nel dubbio del cielo e dell'aria.

Tornano le cose al loro posto,
l'avvocato inevitabile, le mani, l'olio,
le bottiglie,
tutti gli indizi della vita: i letti, sopratutto,
sono pieni di liquido cruento,
la gente affida i segreti a loschi orecchi,
gli assassini scendono le scale,
ma non è questo, è il vecchio galoppo,
il cavallo del vecchio autunno che trema e dura.

Il cavallo del vecchio autunno ha la barba rossa
e la bava della paura gli copre le mascelle
e l'aria che lo segue è simile all'oceano
e profuma di un vago marciume sotterrato.

Tutti i giorni scende dal cielo un colore di cenere
che le colombe devono spartire sulla terra:
la corda che l'oblio e le lascrime intrecciano,
il tempo che ha dormito lunghi anni nelle campane,
tutto,
i vecchi abiti tarlati, le donne che vedono venire la neve,
i papaveri neri che nessuno può contemplare senza morire,
tutto cade tra le mani che sollevo
in mezzo alla pioggia.